Mio caro fumetto... - Albero di graphic novel e Haiku Siberiani
Letture

Haiku siberiani: «In Siberia non crescono le mele»

Sono grata a Francesco di Giufà Libreria Caffè per avermi consigliato l’acquisto di Haiku siberiani di Jurga Vilė e Lina Itagaki (Topipittori, 2019). È una lettura dolce, poetica, commovente. Un bellissimo modo di fare memoria e di raccontare ai bambini (è a loro che è indirizzato il libro) e agli adulti una difficile pagina di storia.

Mio caro fumetto... - Copertina di Haiku siberiani

Come dice Jurga Vilė in introduzione:

«[…] Erano tempi tumultuosi. Era cominciata la guerra. La Germania aveva invaso la Polonia. Poco dopo, la Lituania era stata occupata, presa con la forza dalla poderosa Unione Sovietica. Moltissimi lituani, non avendo festeggiato l’arrivo dello straniero, vennero etichettati come “nemici dell’Unione Sovietica”. E i nemici andavano eliminati. Cominciarono dunque a deportare le persone, a strapparle dalle loro case, a esiliare intere famiglie trasferendole negli angoli più inospitali della Russia, nella più inospitale Siberia. Tanti deportati morirono là al confino. Qualcuno, cui sorrise la fortuna, riuscì a tornare in patria. Come quei bambini che alcune buone persone ricondussero a casa sul “treno degli orfanelli”. Tra questi c’era il piccolo Algis, mio padre. I suoi ricordi e quelli di mia nonna mi hanno ispirato a scrivere questo libro in cui c’è molto di vero e qualcosa di inventato…»

Era l’alba del 14 giugno del 1941 quando i soldati russi e un vicino collaborazionista buttano giù dal letto i membri della famiglia Mieli (il tredicenne Algis, il papà Romano, la mamma Ursula, la sorella Dalia e il papero Martino). Devono lasciare la loro casa e partire. Fanno in tempo a portare con loro pochi effetti personali in una valigia, e un secchio di mele. Salgono su un carretto trainato da cavalli che nel tragitto si riempirà di persone, tra le quali l’amata zia Petronilla, sorella di Romano, amante del Giappone.

Mio caro fumetto... - Inizio del viaggio in carretto

È solo l’inizio di un lungo viaggio. A Nuova Vilnia sono costretti a salire tutti su un unico treno, un carro bestiame. Tutti, tranne papà Romano. Gli uomini infatti devono separarsi dalle famiglie. Sono destinati altrove, nei campi di lavoro. Romano lascia al figlio le mele che aveva portato da casa, dicendogli: «Fanne buon uso, Algis. Ricorda: le mele sono la Lituania».

Mio caro fumetto... - Algis, il papà Romano e le mele

Sul convoglio non salirà nemmeno il papero Martino. Non sono permessi uccelli. Due spari e di lui rimarrà uno spiritello pronto a far coraggio al piccolo Algis.

Mio caro fumetto... - Algis e il papero Martino

Da quel momento la storia di Algis, Ursula, Dalia e Petronilla, sarà comune a quella di tanti altri concittadini: Ondina Klimas e la figlia Veronica, la vecchia Rosina, il Signor Petras, la maestra Violetta, la Signora Porcino e suo figlio Lino. Il viaggio è lungo e faticoso. Il cibo scarseggia e bisogna conservarlo per i momenti difficili. Raramente ci si ferma per i bisogni. I pidocchi (o forse sono pulci?) sono fastidiosi compagni di viaggio. Il gruppo cerca di tenere alto il morale.

Mio caro fumetto... - La famiglia Mieli e gli altri compagni di viaggio

Arrivano a Barnaul in Siberia. Scendono tutti dal treno, controllati da tanti soldati russi urlanti. Ondina Klimas incontra di nuovo suo marito Casimiro. I russi proprio non sapevano cosa farsene di un cieco! Trascorrono una notte in una chiesa ortodossa e ripartono. Poi camminano fino ad arrivare al fiume Ob. Li aspetta un tratto in barca e, infine, un ultimo tratto a piedi sotto una pioggia incessante.

Mio caro fumetto... - Ondina Klimas e il marito Casimiro

La meta finale: baracche con le pareti rotte e i tetti bucati, piene di cimici, oltre che di lucertole, bisce e zanzare. Niente letti a cuccetta. Quelli se li sarebbero costruiti solo successivamente. Quel luogo sarebbe stata la loro casa per anni.

A controllarli ci sono le guardie russe: il comandante Chlebnik e Kartošnik. I loro cognomi tradotti vogliono dire Panino e Patatino. Da cognome a soprannome il passo è breve. E poi ci sono i loro cani. Polpetta, se carezzato, non è poi così cattivo e anzi, diventa presto un amico. Gli altri invece ringhiano e incutono un certo timore.

Mio caro fumetto... - Le guardie Chlebnik e Kartošnik
Mio caro fumetto... - Il cane Polpetta

In quella terra straniera e inospitale fanno la conoscenza anche di abitanti del luogo: zia Margherita, una persona di buon cuore che abitava nel villaggio e zio Vasja, un misterioso apicultore. Dopo tempo tornerà dalla guerra anche Igor, il figlio di zia Margherita e, nella sventura, porterà gioia e motivo di festa nella vita della maestra Violetta e di tutto il gruppo.

Mio caro fumetto... - Zia Margherita
Mio caro fumetto... - Zio Vasja, il misterioso apicultore
Mio caro fumetto... - Igor

Ma non tutte le presenze sono positive. A perseguitare Algis ci sono tre ragazzi russi: Liova, Vova e Žora. Sono perfidi, rozzi, maneschi e arroganti. In fondo, secondo la maestra Violetta, anche loro sono delle vittime. Credono che sia colpa dei deportati se i loro papà sono in guerra e potrebbero non rivederli mai più. Per fortuna le ostilità non dureranno per sempre.

Mio caro fumetto... - Liova, Vova e Žora

La vita da prigionieri è piena di patimenti. Soffrono per la fame, il freddo, le punture degli insetti, le vessazioni, gli insulti, il lavoro forzato, le malattie e per la nostalgia della Lituania. Assistono a tragedie e a morti ma cercano di andare avanti, solidarizzando fra loro, gioendo per le piccole cose, trovando la poesia anche in mezzo a tanta disperazione.

Ricorrono al potere consolatorio della musica, fondando un coro e costruendo strumenti. A dargli pace e a farli sognare ci sono gli origami e gli haiku di zia Petronilla. Anche scrivere ai propri cari permette di stare meglio.

Mio caro fumetto... - Il coro "Semi di mela"
Mio caro fumetto... - Gli origami
Mio caro fumetto... - Un esempio di haiku
Mio caro fumetto... - Lettera per zio Alfonso

In molti casi non rimane che aggrapparsi con tutte le forze al ricordo dell’amata Lituania. E sì, come aveva predetto papà Romano: «le mele sono la Lituania» e riportano i cuori in patria. Quelle mele che aveva donato ad Algis al momento della loro separazione, essiccate, aiutano a superare i momenti più duri. I loro semi, piantati in un secchio, germogliano e danno a tutti la speranza di poter tornare un giorno a casa. «In Siberia non crescono le mele».

Quel giorno arriva, grazie ad una delegazione che giunge dalla Lituania, grazie a due salvatori: Elena e Pranas. Purtroppo però sul treno del ritorno non c’è posto per tutti. Si decide di donare la libertà ai bambini, fra cui Algis. È la fine di una terribile esperienza e l’inizio di un lungo viaggio, di una nuova vita.

Mio caro fumetto... - Elena e Pranas, i salvatori

Questa graphic novel per Jurga Vilė è un modo per tramandare una testimonianza familiare, che è patrimonio collettivo e non deve andare persa. L’urgenza di perpetuare un’eredità, nata quando si è trovata a dover rispondere alle domande dei suoi figli piccoli, a quei tanti “perché?” cui spesso non si è preparati a rispondere, doveva sposarsi necessariamente con una giusta forma.

Bisognava trovare il modo di veicolare nel modo migliore quella storia e quelle esperienze. E cosa c’è di più semplice, immediato ed efficace del fumetto e dell’illustrazione? Da questo ragionamento è nato l’incontro tra Jurga Vilė e Lina Itagaki, l’illustratrice. Un incontro che fisicamente è avvenuto un’unica volta, prima di intraprendere l’avventura di Haiku siberiani.

In seguito le due hanno lavorato quotidianamente, ma solo via Skype ed e-mail. Lina aveva a sua disposizione la sceneggiatura, e un secondo testo in cui Jurga precisava cosa volesse che fosse disegnato. Lina si è quindi impegnata al massimo per realizzare quei desiderata, giocando con l’immaginazione, e ricercando tutto il necessario a rendere credibili i disegni dal punto di vista storico, ma non solo (cosa indossassero i deportati in Siberia, elementi della natura del luogo, architetture, ecc.).

È frutto invece di due delicatezze che si sono unite il fatto che anche gli avvenimenti più dolorosi arrivino agli occhi e al cuore dei lettori con tanta sensibilità, con un’attenzione ed un tatto così straordinari. Jurga, per fare un esempio, ha pensato di rendere le persone che muoiono degli spiritelli, così da proteggere i bambini da un argomento per loro complesso, che causa sofferenza. Lina ha contribuito illustrando con delle tinte che non fossero troppo scure. E anche l’espediente di dare ai personaggi dei volti il più possibile sorridenti permette di concentrarsi su quelli invece che sulle crudeltà e le cose negative.

E poi Lina, anche lei lituana, ha vissuto e studiato a lungo in Giappone, è traduttrice e insegnante di giapponese ed è sposata con un giapponese (Itagaki è il cognome del marito). Chi meglio di lei poteva comunicare graficamente quella cultura che permea il fumetto al punto da caratterizzarne anche il titolo? Sono solo alcuni dei motivi che fanno di questa graphic novel un piccolo bijou, un capolavoro di rara poesia, capace di sciogliere il cuore anche degli adulti, dal profondo. Provare per credere.

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