La differenza invisibile colora l’Asperger
Fra le ultime letture di fumetti, La differenza invisibile di Julie Dachez e Mademoiselle Caroline (Edizioni Lswr, 2018) è stata una vera rivelazione. Julie Dachez attraverso il suo racconto autobiografico rende partecipe il lettore del percorso che ha affrontato per ottenere la diagnosi di sindrome di Asperger, forma di autismo lieve particolarmente complicata da accertare nel genere femminile. Un cammino verso la consapevolezza di sé e la definitiva fondamentale conquista di un mondo a colori.
È un perfetto esempio di graphic medicine. A renderlo tale concorrono l’impostazione, l’approccio esplicativo ed educativo ma anche l’apparato che lo correda. Sono molto interessanti le prefazioni di Carole Tardif e Bruno Gepner, psicologi esperti di spettro autistico, oltre che docenti presso l’Université d’Aix-Marseille. All’edizione italiana è stata aggiunta quella altrettanto utile di Paolo Cornaglia Ferraris, direttore scientifico della Fondazione Tender to Nave Italia – TTNI di Genova. Non manca una postfazione ricca di bibliografia che spiega con chiarezza cosa siano l’autismo e l’Asperger, le caratteristiche di un Aspie e molto altro.
Non stupisce il fatto che per anni La differenza invisibile, dopo la pubblicazione nel 2016 in Francia per Delcourt, sia stata in vetta alle classifiche fra i libri più letti nel paese, vendendo un numero incredibile di copie. Merita davvero.
Marguerite, l’alter ego di Julie Dachez, ha 27 anni, è una ragazza vivace e in salute che «ama gli animali, le giornate di sole, il cioccolato, la cucina vegetariana, il suo piccolo cane e il ron ron dei suoi gatti». Lavora come dipendente in un’importante multinazionale, ha un compagno e degli amici ma nel suo quotidiano deve affrontare tutta una serie di oggettive difficoltà, di ansie che la fanno sentire fuori luogo, differente dal mondo circostante.
Non ha un handicap fisico riconoscibile a colpo d’occhio ma, appunto, degli ostacoli oggettivi nell’affrontare determinate situazioni. Non compresi da chi le sta intorno, la fanno sentire invisibile. Stigmatizzati, diventano un’etichetta. La gente indifferente, non interessata ad accoglierla, o peggio giudicante, nei casi migliori la definisce malevolmente «un piombo», «fuori di testa», «al limite dell’asociale», «completamente suonata».
I tanti rumori di sottofondo e il vociare incessante la mettono in crisi, gli imprevisti la destabilizzano. Riesce perfettamente nelle sue mansioni ma ha il suo modo di fare le cose e se le viene modificato fa una gran fatica. Capo e colleghe la mettono in guardia sui rischi di non partecipare ai party della società, di non condividere la pausa pranzo a mensa e di non dare importanza al dress code.
«Non è buono per lo spirito aziendale e finirà per pesare sulla sua valutazione annuale».
«Qui il tuo ruolo è fare da interfaccia con tutti i servizi. È importante che tu sia ben vista da tutti quanti».
I suoi comportamenti tendono ad essere maniacalmente ripetitivi, stereotipati e immutabili. Ad esempio, compie ogni giorno lo stesso percorso da casa al lavoro e viceversa, con la pausa sempre al Café de la Poste e nella solita boulangerie per acquistare immancabilmente un panino al farro.
È di poche parole, ma parla come un libro stampato, «sul genere nobildonna d’altri tempi». Le sfuggono i doppi sensi, così gli scherzi, le battute ironiche e molto del linguaggio non verbale dei suoi interlocutori. Anche per queste ragioni rifugge dalle occasioni di socializzazione, che le causano panico, a favore di ben più rassicuranti momenti di solitudine.
Nel weekend niente programmi. Le basta passeggiare in tranquillità al parco con il cane. Ma l’ideale è stare a casa propria, nel suo spazio di comfort. Un bozzolo dove trovare rifugio. Niente rumori, radio o televisione accese. In silenzio e con addosso pantaloni della tuta, un maglione largo e calzettoni spessi, può godersi la compagnia dei suoi animali e la passione per la lettura.
Ad aperitivi e feste si isola e si sente invisibile, non vede l’ora di andare via ed è sempre la prima a farlo. I suoi atteggiamenti e i suoi gusti, per esempio in fatto di cibo, vestiti e letture, sono perennemente motivo di critica. Marguerite non ne può più. È stufa e «nel suo profondo sa di meritare di essere amata per davvero».
Ed è consultando internet che Marguerite comincia ad avere conferme dei suoi dubbi. Si riconosce nella descrizione delle persone autistiche. È così che un bel giorno entra per la prima volta nella libreria davanti alla quale passava tutti i giorni. È di Mademoiselle Caroline, proprio la disegnatrice de La differenza invisibile, con cui nasce pian piano un rapporto di confidenza.
Chiede libri sull’argomento, e ne acquista una gran quantità. Ma da lì ad avere la diagnosi la strada è ancora molto lunga. Se ci sono psicologi che la liquidano senza ascoltarla, altri, come il Dottor Crowe, la prendono sul serio e la aiutano indicandole un centro specializzato. Dall’appuntamento al giorno dei colloqui e dei complicati test passano mesi. E altri ne trascorrono prima della svolta: la tanto agognata verità.
«In seguito alle valutazioni, siamo in grado di concludere… Che lei è senza alcun dubbio una persona Asperger».
Marguerite è euforica, la sua identità è finalmente completa e si sente compresa nel suo modo di essere. Una notizia da festeggiare. Può riconciliarsi con sé stessa, ha il diritto di lasciare trapelare la sua unicità, quella che prima salvo casi particolari tendeva a mimetizzare. Era di ostacolo per l’accettazione da parte degli altri e di conseguenza, nel suo pensiero, per una vita normale.
Dal foglio con la diagnosi del centro medico deriva una liberazione e un sollievo: l’accettazione. È una gioia l’aver dato finalmente un nome alla sua «differenza invisibile», sentirsi a proprio agio ed essersi liberata di una zavorra. Ora sa che è normale il suo essere “anormale”.
Nel fumetto queste emozioni sono estrinsecate in modo perfetto ed evocativo grazie a precise scelte grafiche che animano i graziosi disegni stilizzati. Inizialmente il mondo è bianco e nero e grigio su cui tanti fattori di disturbo, tipici del mondo “normale”, innestano allarmanti note di rosso o arancio: rumori, chiacchiericcio, ticchettii, musica, discorsi interlocutori, radio, stimoli visivi. Ma rossi sono anche alcuni “innocui” oggetti quotidiani come, ad esempio, le sneakers che Marguerite indossa sempre.
Di tanto in tanto, inoltre, qua e là nelle tavole fa la comparsa qualche tocco di giallo. Finestre con le luci accese, i capelli biondi di qualche personaggio o altri particolari del loro look. Ma in determinate situazioni anche il giallo è strumentale ad esprimere un profondo senso di disagio. In tal caso la sua quantità aumenta a dismisura fino a riempire l’intero sfondo del disegno. Al contrario, la serenità della casa di Marguerite, il senso di sicurezza che le dona, è reso con una tenue nuance di celeste.
Man mano che Marguerite avanza nel suo cammino di consapevolezza si aggiungono innumerevoli tinte. Il suo cambiamento finale di prospettiva le fa percepire un mondo pieno di possibilità e di sfumature, un mondo allegro e variopinto in cui poter fare emergere personalità, potenzialità e, con la stessa libertà, i propri limiti. Tutto è a colori.
Caduta letteralmente la coltre scura, Marguerite scopre di riuscire ad essere specchio degli altri e di riconoscere nelle persone che incontra atteggiamenti riconducibili a disturbi. Nota la diversità. Non è la sola ad essere unica e questo le dà la forza per sfrondare amicizie e rapporti logori e per costruirsi una straordinaria rete sociale, tutta di bellissime persone atipiche. A loro dedica tutti i suoi successivi importanti progetti.
In effetti Julie Dachez, alias Marguerite (e Super Pépette nel web), dopo la diagnosi ha ripreso a studiare. Psicologia sociale la sua materia. Ha così messo a frutto i suoi due interessi di sempre: le scienze sociali e il femminismo. Oggi è professore incaricato presso l’INSHEA, Institut national supérieur de formation et de recherche pour l’éducation des jeunes handicapés et les enseignements adaptés, oltre che attivista per i diritti delle persone autistiche e delle donne.
Fin da subito poi si è data alla comunicazione attraverso il suo blog e un canale YouTube, ottenendo centinaia di migliaia di visualizzazioni. Da giugno del 2014 ha cominciato anche a cinguettare su Twitter. E poi è arrivata l’idea de La differenza invisibile, un’ulteriore potente forma di espressione. Un’esperienza in squadra con la sua amata libraia disegnatrice che dimostra come una persona neurotipica possa lavorare in perfetta sintonia con una neurodiversa, a patto che ciascuna si adatti all’altra.
Un volano privo di cliché, sensazionalismo e toni eccessivamente didascalici che diffonde con vitalità e umorismo il messaggio che Julie Dachez ha stampato sulla sua pelle. L’autismo non è un deficit, una mancanza, ma una differenza. Non ci si deve quindi modificare per essere incasellati nei parametri della cosiddetta normalità. Devono essere gli altri ad allargare i confini del loro pensiero, includendo.
Rivolgendosi ai devianti (in sociologia si definiscono così i comportamenti che si discostano dalle norme sociali in vigore), nella dedica a La differenza invisibile afferma:
«In voi non c’è niente da guarire, niente da cambiare. Il vostro ruolo non è di rientrare in uno stampo, ma di aiutare gli altri, tutti quanti, a uscire da quello in cui sono costretti. Accogliendo la vostra identità profonda, riconciliandovi con la vostra unicità, diventate un esempio da seguire. E avete il potere di fare a pezzi i vincoli normativi che ci soffocano tutti, impedendoci di vivere insieme con rispetto e tolleranza. La vostra differenza non è parte del problema ma la soluzione. È un antidoto alla nostra società, malata di normalità».
Una voce forte e decisa foriera di armonia e diritti. Come non ascoltarla? Un manifesto purtroppo ancora minoritario che dà la parola proprio a tutti… Facciamolo nostro e occupiamoci di esserne portabandiera.
One Comment
Laura
Ciao Giulia. Bravissima per le tue scelte e per i tuoi commenti! Scopro un altro fumetto veramente interessante! Grazie!
Laura