Lo Schiaccianoci: piccolo volo dalla genesi al fumetto
È del 2018 Lo Schiaccianoci reinterpretato a fumetti da Corinna Braghieri e pubblicato dalla casa editrice Kleiner Flug nella collana Narrativa fra le nuvole. Ma quanti cieli sono passati dalla nascita del protagonista!
La ricca e fantasiosa tradizione artigianale del soldatino di legno schiaccianoci, divenuto nel tempo uno dei simboli del Natale, affonda le sue radici nella Germania dei monti metalliferi di secoli fa.
Lo schiaccianoci antropomorfizzato, “figurativo”, sembrerebbe risalire alla metà del XVII secolo. Già nel 1650 si attesta un Nussbeißer di questo genere a Berchtesgaden, in Baviera. Nel 1735 invece è testimoniato in una manifattura di giocattoli a Sonneberg, nella Selva di Turingia. Nel dizionario tedesco a cui i fratelli Jacob e Wilhelm Grimm cominciarono a lavorare nel 1838, pubblicato a partire dal 1854, la parola Nuszknacker è così definita:
«uno strumento per rompere le noci, spesso a forma di omino deforme, nella bocca del quale le noci vengono aperte per mezzo di una leva o di una vite».
Voce Nuszknacker in Deutsches Wörterbuch di Jacob e Wilhelm Grimm in 33 volumi (Lipsia 1854-1961), vol. 13 N-Q (Lipsia, 1889), col. 1017.
Intanto era già iniziata anche la folgorante carriera letteraria dello schiaccianoci. Nel 1816 infatti era divenuto il personaggio principale del celebre racconto Nußknacker und Mausekönig del musicista, disegnatore, giurista e letterato romantico tedesco Ernst Theodor Amadeus Hoffmann. In Italia è conosciuto con il titolo Lo Schiaccianoci e il Re dei Topi ed è la fiaba di Natale per antonomasia, insieme al Canto di Natale di Charles Dickens.
E che Natale sarebbe senza ascoltare Lo Schiaccianoci (Щелкунчик) musicato dal compositore russo Pëtr Il’ič Čajkovskij? Non c’è altra parola, se non incantevole, per definire il suo balletto (op. 71). In questo caso però la fonte di ispirazione non è il testo di Hoffmann, ma la versione francese edulcorata ad opera di Alexandre Dumas Padre: Histoire d’un casse-noisette, del 1844.
Čajkovskij vi lavora tra il 1891 e il 1892, su commissione del direttore dei Teatri Imperiali Russi, Ivan Aleksandrovič Vsevoložskij. In fase di scrittura collabora strettamente con il fin troppo meticoloso primo coreografo Marius Petipa, che lo vincola con le sue pedanti indicazioni tecniche. L’improvvisa malattia di Petipa permette un cambiamento di passo e un processo creativo più sereno al fianco del maestro in seconda, Lev Ivanovič Ivanov.
La prima rappresentazione assoluta ha luogo il 18 dicembre 1892 presso il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, alla presenza dello zar Alessandro III. Una curiosità: quel giorno fa la prima comparsa nell’organico di un’orchestra non francese la celesta, strumento nato a Parigi, dove Čajkovskij lo aveva visto, e che probabilmente solo Charles-Marie Widor aveva utilizzato prima di lui, nel 1880.
Nel corso del tempo sono stati prodotti tanti adattamenti del racconto di E. T. A. Hoffmann. Versioni cinematografiche, cartoni animati e anche una parodia disegnata da Sergio Asteriti e pubblicata la prima volta su Topolino n. 1676 del 10 gennaio 1988: Minni e il Re dei Topi. In questo caso però, l’antagonista è lo Schiaccianoci ovviamente, e non il roditore. Nel 2018 è uscito nei cinema italiani un altro famoso prodotto, sempre a firma della Disney: Lo Schiaccianoci e i quattro regni.
Per puro caso è dello stesso anno il fumetto di Corinna Braghieri. Di certo non poteva mancare nella mia libreria e fra le mie letture, tanto più in questo periodo in cui del calore e dell’atmosfera natalizia c’è davvero tanto bisogno.
Pur avendo poco spazio a disposizione per dipanare il racconto, solo 48 tavole, l’autrice riesce a concentrarvi tutto il sublime del racconto originale. Adattare rimanendo sostanzialmente fedele allo schema narrativo di Hoffmann parrebbe infatti una scelta ben precisa, con qualche deroga. Una è la scelta dei nomi Clara e Franz per i due piccoli fratelli Stahlbaum. Clara (Silberhaus) è il nome del ruolo femminile del balletto. Nell’originale tedesco la bambina si chiama Marie, mentre Claire è la sua bambola. Franz invece non compare in nessuna delle due versioni. È Fritz il nome voluto da Hoffmann, rimasto invariato nell’azione scenica.
Anche la trama è quella del racconto di Hoffmann, ed è nota. Tutto ha inizio la sera della Vigilia. Sotto l’albero Clara trova un regalo particolare da parte del suo padrino, lo zio Drosselmeier: uno schiaccianoci di legno con le sembianze di un omino, giacca e calzoni da ussaro e stivali bellissimi. A fine serata, litigando con Franz, il fratellino più piccolo, allo Schiaccianoci si rompe un braccio (altra eccezione, non la mandibola!) e Clara, triste, lo cura e lo porta a letto con sé.
Durante la notte, lo Schiaccianoci prende vita e, insieme ai soldatini ricevuti in dono da Franz, cerca di difendere la bambina dall’assalto di un esercito di topi capeggiato dal suo malvagio Re. È solo l’inizio di tante avventure e di un viaggio in un fantastico mondo immaginario, tra incantesimi e lande di dolciumi, dove Clara viene accolta insieme al suo prode Schiaccianoci… Il finale? «E vissero per sempre felici e contenti».
Come nel suo modello letterario, nel fumetto realtà e onirico si sovrappongono sempre e c’è il tempo anche per l’incubo. È il momento in cui si manifestano gli aspetti gotici, cupi e inquietanti caratteristici di Hoffmann. Primo fra tutti per l’appunto, il suddetto terribile e vendicativo Re dei Topi dalle fattezze mostruose, con sette teste e sette corone.
La versione francese di Dumas Padre invece espunge e mitiga proprio questi elementi, come già accennato. Non è un caso che il balletto prenda le mosse da questo riadattamento. Nello spettacolo si voleva dare enfasi in via del tutto esclusiva all’incanto fiabesco, pregno di gioia, positività e amore.
Corinna Braghieri con i suoi disegni digitali che riproducono l’effetto acquerello ricrea il giusto sapore infantile e fiabesco. I tratti sono delicati, spesso sfumati. Colori e luci variano notevolmente nelle tavole. Si passa di frequente dall’oscurità e le ombre dell’incubo alla luce rosata di paesi fantastici dove sembra che si viva un’alba perenne.
In tutto il fumetto si respira l’atmosfera russa, in chiave Disney. A farla da padrone gli abiti folkloristici. Le donne indossano sarafan coloratissimi, camicie di lino con le maniche ampie, copricapo povoynik, e i kokòshnik, tradizionali tiare di stoffa di diversa forma, riccamente decorate. Anche le acconciature dei capelli sono proprio come vuole l’usanza russa: una profusione di lunghe trecce abbellite da nastri.
Gli uomini vestono lunghi kaftàn, in alcuni casi arricchiti da pelliccia, le kosovorotka, camicioni a maniche lunghe con la cintura e i pantaloni dentro gli stivali, a punta. Anche loro sfoggiano cappelli di diverso genere.
Che dire dell’ambientazione? Le case sono disegnate come le antiche izbe. Sono in legno grezzo, con il tetto a doppia inclinazione per sopportare il peso della neve. Fitte e colorate decorazioni abbelliscono tetti, soffitti, infissi e mostre delle porte, oltre ad alcuni elementi di arredo. All’interno sono le grandi stufe ad avere il posto d’onore.
Nelle tavole dedicate al Regno di Dolciumia a tutto ciò si aggiungono edifici con le cupole a cipolla e un buon numero di matrioske. Konfitürenburg, il luogo che in Hoffmann serviva per celebrare la grande tradizione dolciaria tedesca diviene nel fumetto una sorta di Paese dei Balocchi. Con un pizzico di fortuna è possibile incontrarvi anche Pinocchio, il Gatto e la Volpe.
Il grande formato del volume, di 210 x 285 mm, e il layout dinamico e vario delle tavole ideato da Corinna Braghieri, contribuiscono nella brevità alla spettacolarizzazione del fumetto. Si avvicendano vignette di dimensioni fortemente variabili, di frequente allungate in senso orizzontale o verticale, e altre dal frame irregolare. Non mancano le splash page, per giunta doppie.
È il fumetto perfetto da godersi al calduccio, rilassati sul divano in uno dei freddi e bui pomeriggi di Avvento o delle feste. Ancora meglio se con l’albero di Natale con le lucine accese, un plaid sulle gambe, una tazza di cioccolata calda o di tisana (a me piace tanto quella alla ciliegia) e magari qualche dolcetto alla cannella o allo zenzero. Se invece a casa ci sono bambini, sarà magica una lettura condivisa, stando tutti insieme accoccolati sul lettone o stesi fra i cuscini sul tappeto della sala.
Loro si riconosceranno nel desiderio di Clara di crescere e avranno modo di far luce sui propri sogni, fantasie ed ambizioni. Si interrogheranno su quali siano i propri mostri, quali gli alleati su cui poter contare per annientarli e su come poter raggiungere i propri traguardi.
Gli adulti di contro proveranno nostalgia dell’infanzia come di un periodo passato e perduto. L’introspezione avrà il sapore dei bilanci. Gli obiettivi e i sogni a cui tanto tenevano che fine hanno fatto? Forse su quelli che non sono stati raggiunti si può ancora lavorare ed è ora di iniziare a farlo…