Mio caro fumetto... - Janne bullizzata per il suo peso
Letture

Ho trovato il mio posto nel mondo e gli eating disorders

Il 5 dicembre 2021, al secondo giorno di fiera Più libri più liberi, ho acquistato Ho trovato il mio posto nel mondo (Edizioni Sonda, 2021) dell’illustratrice e fumettista norvegese Jenny Jordahl. È bastata un’occhiata veloce e sfogliare qualche pagina per capire la portata di questo romanzo grafico.

Mio caro fumetto... - Copertina di Ho trovato il mio posto nel mondo di Jenny Jordahl

La trama gira intorno a quella pretesa dalle orribili conseguenze che vuole che il fisico, soprattutto femminile, debba essere omologato e sempre perfetto. Se nel tempo i canoni di bellezza sono cambiati, sempre irraggiungibili, stereotipati, generalmente dettati e imposti dagli uomini e da una cultura profondamente maschilista e machista, per contro non si sono modificati i risvolti emotivi, sociali e medici che ne derivano.

Jenny Jordahl propone una riflessione sul nostro mondo, sempre più legato all’apparenza e all’estetica, che oggettifica il corpo, finendo per svilire, annullare, costringere la persona. Non solo. Ho trovato il mio posto nel mondo affronta due facce di una stessa medaglia: il rifiuto, l’esclusione, lo stigma, il bullismo e l’accettazione di sé personale e sociale. Altri temi centrali sono la comunicazione in famiglia, i primi innamoramenti, la libertà di farsi nuovi amici e soprattutto i disturbi del comportamento alimentare. Sempre più dilaganti comprendono anoressia, bulimia e sindrome da alimentazione incontrollata (binge eating disorder o BED), ma anche genericamente i disturbi della nutrizione (feeding disorders) e quelli alimentari non ancora specificati (NAS), sottosoglia, clinicamente significativi ma che non soddisfano i criteri per una diagnosi piena e completa.

Mio caro fumetto... - Le frasi che non si dovrebbero mai dire a bambini sovrappeso

Janne, la protagonista della storia, ambientata intorno ai primi anni Duemila, è una bambina come tante. Intelligente, curiosa, frequenta l’ultimo anno delle scuole elementari. È in forte sovrappeso. Desidererebbe essere invisibile ma al contrario la notano tutti. Molti la additano, la trattano in maniera inappropriata se non psicologicamente violenta. I compagni di scuola la bullizzano, l’insegnante non fa che peggiorare la situazione con metodi pedagogici indegni.

Quella che reputava esser la sua migliore amica la isola, interessata a guadagnare popolarità e a contornarsi per questo di persone dall’immagine vincente. Persino il padre, che pure le vuole bene e la vorrebbe aiutare, rimarcando i suoi chili di troppo finisce per umiliarla. È l’unica in famiglia ad essere in carne. Entrambi i genitori, in preda all’ansia e alla preoccupazione, non sanno come gestire la situazione e in come accogliere gli stati d’animo della figlia.

Mio caro fumetto... - Il cibo colma vuoti affettivi ma dopo aver esagerato arrivano i sensi di colpa

Janne è golosa e di fatto il cibo per lei è un rifugio, un conforto. Lo usa per colmare vuoti affettivi. Mangia troppo, da sola, spesso di nascosto. Poi non sta meglio. Assalita dai sensi di colpa, si giudica e cade preda di crisi di pianto. Sviluppa in breve tempo una vera e propria dismorfofobia. Si vede più grassa di quanto non sia nella realtà. Incapace di percepire e valutare in modo oggettivo la propria fisicità, è letteralmente ossessionata dal suo corpo, dal disagio, dall’ansia, da pensieri distorti.

Mio caro fumetto... - Incentivata a dimagrire con i soldi Janne cala di peso in fretta non mangiando

Il panorama non fa che peggiorare quando i genitori, per spronarla a dimagrire, le propongono soldi ad incentivo, come premio per ogni chilo perso. La soluzione drastica al problema dei chili di troppo è dietro l’angolo. Janne inizialmente diminuisce la quantità di cibo che ingerisce. Al rumor di quel metallo, conseguente ai primi risultati, si fa prendere la mano. Il calo di peso diventa una sfida. Smette di mangiare. Da un punto all’altro, senza guida e senza controllo passa dalla dieta, al privarsi del cibo. Invece di perseguire uno stile di vita sano, scivola in un pericoloso e inconsapevole gioco autodistruttivo.

Qualcosa ad un certo punto cambia per fortuna, una chiave di volta forse un po’ repentina, che conduce al lieto fine. Finale su cui punta il titolo italiano del fumetto, a differenza del titolo norvegese e delle traduzioni inglese e spagnola che pongono l’accento sulle cause del problema e sul percorso difficoltoso della protagonista: Hva skjedde egentlig med deg?, What happened to you?, ¿Y a ti que te ha pasado?. Quando insomma si crede in sé stessi, si è davvero liberi di esprimere la propria personalità e natura, circondati dall’affetto della famiglia e degli amici, si può finalmente affermare: Ho trovato il mio posto nel mondo. Ovviamente l’universo in cui bisogna trovare posto per essere sereni non è quello esterno, ma la propria interiorità. La dimensione e la forma su cui concentrarsi non sono quelle del corpo ma quelle del proprio io.

Mio caro fumetto... - L'importanza degli affetti per poter affermare: "Ho trovato il mio posto nel mondo"

Fondamentale è l’autostima, il sentire di essere giusti e degni al di là dei dati biometrici, fra cui l’indice di massa corporea. Un obiettivo strettamente legato alla coscienza di sé, al riavvicinamento e alla cura delle emozioni, al riconoscimento, all’aderenza e al rispetto dei propri bisogni. Comprendere la propria unicità e la sostanza del proprio essere induce al distacco dai modelli esterni, affranca dalla seduzione dei paragoni così come dalla spasmodica ricerca di conferme e di apprezzamento.

Le scelte grafiche dell’autrice sono in linea con il racconto di una storia di infanzia e preadolescenza, con i primi destinatari del suo fumetto. Realizzati in digitale, in una palette di colori tenui ricca ed avvolgente, i disegni sono semplici, dal tratto morbido ed arrotondato. Puntano fortemente all’espressività, a mettere in risalto psicologia, emozioni e sentimenti. Sarebbero intellegibili anche in totale assenza di balloon e dialoghi.

Mio caro fumetto... - Janne e il brontolio della pancia dovuto ai lunghi digiuni

Le tavole scandiscono il giusto ritmo, con un uso sapiente delle splash page per fermare la narrazione e indurre all’introspezione. Le trovate dell’autrice sono molto accattivanti. Sorprende sempre, per esempio, la capacità di sintetizzare in poche vignette il trascorrere del tempo. A lei bastano quattro tavole per sottolineare la progressiva perdita ponderale della protagonista, e i colori dello sfondo a dare l’idea del susseguirsi delle stagioni. Il lettering grande aiuta la fruizione da parte dei lettori più piccoli.

È frequente l’uso di un linguaggio fantastico per mostrare gli esiti del timore ossessivo di Janne di essere grassa. La tristezza, l’angosciosa oppressione, la rabbia, l’errata visione di sé, la vergogna, i rimorsi si materializzano. La bambina è perseguitata dalla sua stessa ombra, grigia e nera, sovradimensionata, abnorme e informe. Una nemesi, un mostro, un demone interiore che continua ad insultarla e a farla sentire inadeguata anche quando è ormai magra, esponendola a seri rischi. Essere magri insomma non è la panacea di tutti i mali.

Mio caro fumetto... - La rappresentazione della dismorfofobia in Ho trovato il mio posto nel mondo

Un fumetto consigliato a partire dai 9 anni. Alla lettura autonoma da parte dei più piccoli dovrebbe seguire un momento di confronto con un adulto: uno spazio di dialogo, di condivisione di pensieri ed emozioni. Un momento utile per accertarsi che i bambini abbiano recepito e interiorizzato il giusto messaggio, per rispondere ad eventuali domande di chiarimento. Meritano un riguardo in più i giovani lettori che soffrono di disturbi dell’alimentazione. Nel loro caso è consigliabile una lettura accompagnata dell’intero volume, così come giustamente recita il colophon del fumetto.

Ho trovato il mio posto nel mondo può costituire un valido ausilio per tanti bambini, ragazzi e famiglie. Una freccia all’arco per insegnanti, psicologi, psicoterapeuti, psichiatri. Da suggerire come lettura a casa, in classe, o per esempio nei centri di cura dei disturbi del comportamento alimentare, così come nei gruppi di sostegno e autoaiuto.

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