Mio caro fumetto... - Il mondo conosce finalmente la storia di Giorgio Perlasca
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Perlasca: BeccoGiallo onora un uomo Giusto

La graphic novel Perlasca di Matteo Mastragostino e Armando Mìron Polacco (BeccoGiallo, 2020) si chiude con una domanda:

«… lei cosa avrebbe fatto al posto mio?»

È la risposta di Giorgio Perlasca a chi gli chiedeva il perchè delle sue azioni. La migliore delle risposte.

Mio caro fumetto... - Copertina di Perlasca edito da BeccoGiallo

Non bisogna stancarsi mai di sottolineare quanto sia fondamentale la responsabilità individuale, quanto la storia sia fatta dal quotidiano presente dei singoli, delle persone comuni.

Il messaggio che la graphic novel desidera trasmettere, facendo conoscere ad un pubblico più vasto possibile la figura di Perlasca, è quello di avere il coraggio di opporsi al male, alle ingiustizie e alle violenze. Sempre. Ogni individuo, anche nelle situazioni peggiori, ha la possibilità di fare delle scelte alternative.

Il monito che si prefigge di comunicare arriva diretto, grazie ad una piacevole narrazione dei fatti ma non solo. Perlasca fornisce degli strumenti importanti e utili, anche per eventuali e a mio parere consigliabili scopi didattici, specialmente l’utilissima cronologia degli eventi e il riepilogo biografico dei personaggi.

Ma chi è Giorgio Perlasca? Ad oggi purtroppo non sono in molti a saperlo, se non forse per i ricordi legati alla fiction televisiva del 2002, con Luca Zingaretti protagonista. La sua memoria meriterebbe di essere omaggiata e di divenire patrimonio collettivo e incancellabile della nostra storia nazionale.

Mio caro fumetto... - Giorgio Perlasca

Giorgio Perlasca è un Giusto tra le Nazioni, un uomo che visti tanti uomini, donne e bambini ebrei ungheresi massacrati senza motivo, avendone la possibilità, sceglie di agire nonostante i rischi salvandone migliaia.

Nato il 31 gennaio del 1910 a Como, si trasferisce presto in Veneto. Già negli anni Venti aderisce convintamente e con entusiasmo al Partito Nazionale Fascista. Parte volontario per l’Africa Orientale, per l’Etiopia, e combatte poi per alcuni anni la guerra civile spagnola in un reggimento d’artiglieria al fianco del Generale Francisco Franco.

Una volta rientrato in Italia a seguito di queste esperienze Giorgio Perlasca è un uomo diverso. Non riconosce più il fascismo e si allontana dalle scelte di Mussolini che non condivide. Perlasca per dirla alla spagnola, come fa Matteo Mastragostino in una sua recente intervista, è un “hombre vertical”.

È un uomo dalla schiena dritta, che non si piega davanti a cose di cui non è convinto. Peferisce in sostanza pagare il prezzo delle sue scelte e andare sempre avanti per la sua strada piuttosto che piegarsi. Non è assolutamente d’accordo con l’alleanza italo-tedesca ed è da subito fortemente contrario alla promulgazione delle leggi razziali del 1938.

Perlasca negli anni della seconda guerra mondiale è in Ungheria, dove lavora come incaricato d’affari per l’acquisto di carni per l’Esercito italiano. L’Ungheria, dove opera, è ridotta ai minimi termini dal Trattato del Trianon del 1920 e dalla conseguente dissoluzione dell’Impero Austro-ungarico.

Mio caro fumetto... - Ritratto di Giorgio Perlasca

La vicinanza del paese con la Germania nazista negli anni Trenta rientra perfettamente nella politica ungherese volta al recupero dei territori persi a causa di quel “patto ingiusto”. Alla base anche del sodalizio del 1927 con l’Italia c’era il medesimo interesse. L’Ungheria si unisce all’Asse il 20 novembre del 1940.

A fare le spese di tutto questo processo, dal 1920 in poi, sono gli ebrei ungheresi, considerati responsabili e capro espiatorio. Non a caso vengono usati come merce di scambio per ottenere “favori” da Hitler. Tra il 1938 e il 1941 in Ungheria vengono promulgate rigide leggi antisemite.

Una volta recuperati i territori che gli interessavano, l’Ungheria esaurisce però l’interesse di collaborare con Hitler nella soluzione della cosiddetta questione ebraica. In ogni caso per gli ebrei tutto peggiora nel 1941 quando l’Ungheria entra in guerra al fianco della Germania e delle altre potenze dell’Asse.

È nel settembre del 1943 che l’Ungheria tenta di riprendersi una sua autonomia, riconoscendo il governo italiano di Badoglio e prendendo posizione in difesa degli ebrei. È un boomerang. La profonda frattura con i tedeschi porta al rovesciamento del governo ungherese e all’occupazione del paese da parte della Germania, il 19 marzo del 1944. Il 16 ottobre si insedia un nuovo governo filonazista, capeggiato da Ferenc Szálasi, con tutto ciò che ne consegue.

Questo il quadro generale. Come si intrecciano le vicende di Giorgio Perlasca con quelle degli ebrei ungheresi? L’8 settembre del 1943 all’annuncio dell’Armistizio, Perlasca è a Budapest per il suo lavoro, come già accennato. Avendo giurato fedeltà al re, rifiuta di riconoscere e di aderire alla Repubblica Sociale Italiana. Per questa ragione, subentrata l’occupazione tedesca, subisce un periodo di internamento.

Quando i russi cominciano a spingere da est, per gli internati si prefigura un trasferimento in Germania. Perlasca approfitta di un permesso ottenuto per motivi di salute e si dà alla fuga. Si rifugia prima presso conoscenti e poi nel Consolato spagnolo.

Mio caro fumetto... - Perlasca e il passaporto spagnolo

Dalla Spagna anni addietro aveva ottenuto un documento di protezione, avendo preso parte alla guerra civile, e così viene accolto. In pochissimo tempo diviene cittadino spagnolo con regolare passaporto spagnolo, a nome Jorge Perlasca.

Testimone delle tremende condizioni in cui versavano gli ebrei di Budapest, Giorgio Perlasca chiede al Console Ángel Sanz Briz di poter iniziere a collaborare nelle azioni spagnole mirate alla loro protezione.

Mio caro fumetto… - La silente rassegnazione degli ebrei ungheresi

Il Consolato infatti era impegnato nel rilasciare ai cittadini ungheresi di religione ebraica dei salvacondotti. In questi documenti venivano dichiarati ebrei sefarditi e quindi sotto la diretta giurisdizione spagnola. Questo permetteva al Consolato di ospitarli nelle cosiddette “case protette” lungo il Danubio, luoghi che godevano di extraterritorialità e che teoricamente non potevano essere varcate dai tedeschi e dalle Croci Frecciate ungheresi (Nyilaskeresztes Párt).

Giorgio Perlasca organizza una rete di controllo e sorveglianza della situazione e mette in pratica tutta una serie di manovre a protezione degli ebrei e a difesa di tutti quelli rifugiati nelle “case protette”. Si impegna costantemente per trovare loro viveri e per evitargli la deportazione. Non di rado capitava infatti che tedeschi e polizia ungherese si introducessero nelle case protette e tentassero di inviare ai campi di sterminio gli ebrei che vi erano ospitati. Spesso si doveva recare alla stazione ferroviaria della città per difenderli uno a uno e per farli scendere dai convogli pronti a partire.

Mio caro fumetto... - Perlasca cercava di trasformare lacrime in sorrisi
Mio caro fumetto… - Perlasca salva gli ebrei già nei convogli alla Stazione Keleti

Quando il 30 novembre del 1944 il Console Sanz Briz sceglie di abbandonare la legazione spagnola e l’Ungheria per non riconoscere de iure il governo di Szálasi, la sorte di migliaia persone è in pericolo.

Perlasca di fronte a questo, senza pensare alle possibili conseguenze sceglie di non voltarsi dall’altra parte ma di agire. Mette in atto una clamorosa impostura, fingendo e dichiarando di aver ottenuto dal Console, recatosi a Berna per poter comunicare meglio con Madrid, l’incarico di sostituto legato facente funzioni. Scrive di suo pugno un documento di nomina e va a farlo firmare e riconoscere al Ministero degli Esteri. Tutto fila liscio.

Mio caro fumetto... - Giorgio Perlasca e la sua impostura

Da quel giorno Perlasca continua a portare avanti tutte le misure che attuava precedentemente ma a quelle deve aggiungere la gestione dell’intera legazione, con pochissimi aiuti. Nel contempo decide di aumentare l’emissione di documenti di protezione per poter aiutare più persone possibile.
Ne salverà 5218 fino all’arrivo in città dell’Armata Rossa.

I sovietici lo fanno prigioniero ma lo liberano dopo pochi giorni. Perlasca riesce a rientrare in Italia. Di indole riservata, impegnato a costruire la sua famiglia e a sostentarla, Perlasca non racconterà mai a nessuno ciò che ha vissuto in quegli anni, nemmeno ai suoi cari, con i quali rimase vago sul periodo ungherese.

Mio caro fumetto… - Giorgio Perlasca non racconta nemmeno in famiglia la sua storia

A parte un articolo di Giuseppe Cerato su Il resto del Carlino del 1961 e uno di Furio Colombo alla fine degli anni Sessanta, sarà solo negli anni Ottanta che la verità verrà a galla, con tutta la sua potenza.

Nel 1987 a Berlino, Irene Dénes von Borosceny, collaboratrice di Perlasca a Budapest, ricordò in una riunione con altre donne ungheresi la figura di Perlasca, di quel diplomatico che aveva salvato tanta gente. Inizieranno così le ricerche. Lo ritroveranno nel 1988. Vive a Padova.

Solo così le sue gesta, il suo coraggio, il suo altruismo verranno scoperti e il 9 giugno dello stesso anno otterrà l’onorificenza di Giusto tra le Nazioni, supportata da centinaia di testimonianze. Furono in tanti a rispondere ad un annuncio di giornale in cui si chiedeva di presentare delle prove concrete a favore di Giorgio Perlasca. Quella onoreficenza, la prima di tante altre, diverrà epitaffio in ebraico sulla sua tomba. Perlasca muore il 15 agosto del 1992 e riposa nel cimitero di Maserà, nei pressi di Padova.

Mio caro fumetto... - Perlasca e la nomina a Giusto tra le nazioni

Perché ci sono voluti tanti anni prima che qualcuno si ricordasse di Perlasca? Per anni a nessuno è sembrato conveniente farsi portavoce della memoria di Perlasca. Non ai cattolici e alla Chiesa, per alcune posizioni critiche di Perlasca stesso. Non alla sinistra essendo lui un uomo di destra e anzi, avendo appoggiato il fascismo, avendo partecipato alla campagna di Etiopia e avendo combattuto in Spagna dal lato dei franchisti. Nemmeno alla destra del dopoguerra e ai fascisti, perché comunque Perlasca non fu mai a favore delle leggi razziali, non riconobbe la Repubblica di Salò, essendo monarchico, e il Movimento Sociale Italiano nasceva invece da chi aveva aderito.

Dal canto suo Giorgio Perlasca non si è mai considerato eroe e per questo non ha mai cercato riconoscimenti di nessun tipo. Nel 1991 ha rifiutato anche un vitalizio accordatogli dal Consiglio dei ministri per effetto della legge Bacchelli.

Mio caro fumetto… – Perlasca non si è mai sentito un eroe

Oggi della sua memoria si occupa con tutte le proprie energie il figlio Franco, presidente della Fondazione Giorgio Perlasca.
E proprio la Fondazione ha messo a disposizione la documentazione perché questa graphic novel potesse essere scritta, l’ha supervisionata e ne ha approvato ogni singola pagina. La collaborazione stretta fra gli autori e l’Ente è testimoniata anche dalla bella introduzione al volume, a firma per l’appunto di Franco Perlasca.

Dietro a questa graphic novel tanto studio dunque, sia per il soggetto e la conseguente sceneggiatura che, ovviamente, per la realizzazione grafica. Armando Mìron Polacco ha lavorato molto, principalmente su materiale fotografico, per rendere nel migliore dei modi i personaggi e ricostruire le ambientazioni.

Le sue tavole sono interamente realizzate in bianco e nero, a matita e acrilico su carta. Niente colore. La tecnica di Armando Mìron Polacco è in genere di realizzare prima il bianco e nero e poi, se del caso, applicare in una seconda fase i colori, ma questa volta in digitale. Personalmente trovo che il bianco e nero si addica a Perlasca e agli anni centrali della narrazione.

Spesso penso e mi figuro quegli anni in bianco e nero, perché così sono le foto dell’epoca, i film, i filmati originali, i cinegiornali. Il colore è senz’altro bello, arricchisce, ma per certi versi modernizza. In casi estremi può risultare come un filtro straniante, la sensazione che provo alle volte guardando i film ricolorati.

Mio caro fumetto... - Un magnifico Perlasca di Armando Mìron Polacco

Con questo non voglio togliere alcunché ai tanti meravigliosi fumetti a colori che raccontano del medesimo periodo storico. È per dire che i disegni di Perlasca di Armando Mìron Polacco sono capaci di far emozionare e di veicolare il loro messaggio, forte e chiaro, così come sono, a due tinte.

Auguro a questa graphic novel, in parte penalizzata dall’uscita in libreria poco tempo prima del lockdown per l’emergenza coronavirus, la fortuna che merita. Di certo come tutti gli altri fumetti per la Memoria, serve e servirà per non perdere nei nostri occhi «tutto lo stupore per il male altrui» (Primo Levi, La tregua). In quelli di Giorgio Perlasca ha abitato tutta la vita.

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